Racconto di un’insegnante sorpresa..
Da insegnante di scuola primaria mi è capitato molte volte di incontrare, insieme alle colleghe del team di classe, clinici e specialisti in genere della psicologia e della pedagogia dello sviluppo, per affrontare problematiche relative ad alcuni alunni delle nostre classi. Una mattina di qualche anno fa, credevo di avere un colloquio di questo tipo ed invece mi sono ritrovata davanti un clinico, o meglio una psicologa clinica, che mi parlava di qualcosa di diverso e dava una lettura insolita di alcune problematiche relative ad un alunno della nostra classe. Una prospettiva a cui non avevo mai pensato, addirittura mi parlava di un settore psicopedagogico di cui ignoravo completamente l’esistenza…Quella persona era la dott.ssa Silvia Pinzauti e per la prima volta quella mattina del 2012 ho sentito parlare di Plusdotazione cognitiva…
Io e le mie colleghe abbiamo ascoltato, condiviso riflessioni ed osservazioni, preso appunti sulla bibliografia di riferimento, accettato anche il prestito di uno dei libri italiani più famosi sull’argomento in quel periodo…Più ascoltavamo e più ci rendevamo conto che nella nostra carriera universitaria e nella nostra formazione professionale non avevamo mai incrociato questo argomento. Abbiamo convenuto che eravamo state molto sollecitate a formarci e ad occuparci di tutti quei bambini che presentano una ipodotazione cognitiva, o che presentano delle difficoltà negli apprendimenti, ma mai nessuno ci aveva chiesto di riflettere su come si può insegnare a bambini che apprendono velocemente, che non hanno bisogno di semplificazioni, anzi semmai di approfondimenti. Nella nostra formazione e poi carriera come docenti ed educatori, abbiamo sempre studiato ciò che può succedere nel lato sinistro della curva gaussiana dell’intelligenza, ma nessuno ci aveva mai detto che avremmo dovuto studiare anche l’altro versante della curva, e occuparci anche di quella fetta, non così piccola, di popolazione studentesca che poteva avere queste caratteristiche cognitive ed apprenditive e le loro conseguenti manifestazioni nello stare a scuola. La sorpresa è stata grande ed insieme ad essa abbiamo vissuto quella sensazione di straniamento che viene da un cambio significativo di prospettiva. Era come indossare un paio di nuove lenti attraverso cui ri-leggere la realtà che ci stava davanti, i comportamenti e le reazioni di alcuni alunni; come anche le capacità e le emozioni che emergevano nel contesto classe…[Tempo dopo ho scoperto che S. Pfeiffer ha definito “lente del potenziale” una prospettiva che i docenti possono assumere per conoscere e riconoscere il potenziale dei loro alunni, al di là dell’effettiva “misurazione” del QI]
… to be continued